Sognando Pemberley

Non è l'ennesimo blog su Jane Austen... almeno non solo. E' uno spazio in cui si parla di libri, sopratutto di libri d'amore. Regency romance, ma anche chick lit e mummy lit per usare le più recenti definizioni sul genere. Caratteristiche fondamentali: happy end e sottile ironia. Capito il genere? Piace anche a voi? E allora, forza, alzi la mano chi di voi non ha, almeno per una volta sognato Pemberley. (Vai al primo post...)

venerdì 3 dicembre 2010

Traslochiamo...

Dopo 3 anni "Sognando Pemberley" si trasferisce su www.atpemberley.wordpress.com.
Dovendo seguire un blog su wordpress per lavoro, mi veniva più facile seguire anche quello mio personale sulla stessa piattaforma. Magari prima o poi sarò anche in grado di fare in modo che ci sia il reindirizzamento automatico, per ora è troppo difficile. Intanto spero che quei due o tre affezionati lettori mi seguano lo stesso:-)
P.S. Dimenticavo: dopo averla sognata per diversi anni, facciamo finta di esserci arrivati. Il nuovo blog si chiamerà semplicemente @Pemberley...
A presto!

sabato 9 ottobre 2010

La libreria del buon romanzo

More about La libreria del buon romanzo

Avrei dovuto tenere bene a mente gli insegnamenti di Pennac e ricordarmi che uno degli inviolabili diritti del lettore è quello di non finire il libro. E invece sono andata avanti per circa 400 lunghissime pagine e ora sono qui a chiedermi perché. Perché ho perso tempo con un libro che chiaramente non poteva piacermi. Nel titolo poteva attirarmi il fatto che si parlasse di una libreria, ma quel "buon romanzo" era decisamente troppo snob per una che può "vantare" nel suo curriculum da lettrice insieme alla Divina Commedia e Guerra e Pace anche qualche centinaio di romanzetti Harmony (dei quali non mi vergogno affatto) e due libri di Moccia (dei quali invece mi vergogno profondamente). Ma ho perdonato altre volte la spocchiosità e snob a volte lo sono anche io, per cui mi sarebbe comunque andato bene un libro ambientato nel mondo delle librerie, se la trama non fosse stata così assurda (o quantomeno assurdamente lunga). Ok, l'idea di mettere su una libreria dove si vendano solo buoni romanzi e va bene anche il fatto che questo possa suscitare la reazione di altri librai e degli autori "esclusi", passi anche l'idea del comitato segreto di autori/selezionatori. Ma poi con la segretezza delle procedure l'autrice forza un po' troppo la mano, scivolando quasi verso la spy story, salvo poi fare marcia indietro e semplificare un po' troppo la soluzione finale. Ma c'è la storia d'amore, si potrebbe dire. Ed è pure a lieto fine! Ma questa volta non mi basta a salvare il libro. Anzi, e questo davvero non avrei mai creduto di poterlo dire, specie in questo blog, sembra quasi una forzatura anche quella. Quasi che l'autrice abbia fatto innamorare Ivan della ragazza solo per avere una voce narrante. Sa un po' troppo di artificio letterario insomma. E a questo si aggiunge il fatto che il libraio in quanto a punteggio nella scala di valutazione darcyana sta veramente in basso... Anzi, ora che ci penso mi fa proprio pensare a un libraio di mia conoscenza. E questo pensiero sarà la mia personale vendetta per 400 pagine di tempo sprecato.

giovedì 7 ottobre 2010

Ai miei non piaci molto, lo sai

Lo confesso: ho letto questo libro già da qualche mese, ma non avevo ancora trovato il tempo o piuttosto l'ispirazione per recensirlo. Però mi dispiace un pochino lasciarlo passare così, anche perché pur di scrivere qualcosa ho dato spesso spazio nel blog anche a libri decisamente poco pemberlyani e questo invece tutto sommato un posticino lo merita. In verità la storia, un’epopea familiare fatta di lotte, spostamenti e sacrifici è tutt'altro che leggera, anche se l'autrice è bravissima a raccontare vicende anche molto forti senza eccedere mai col pathos. Ma c'è l'inseguimento tenace di un sogno che poi si concretizza: emigrare dalla Romania di Ceausescu verso gli Stati Uniti, per far crescere il proprio figlio in un paese libero. Ci sono le storie d'amore tra la protagonista Helen e il marito Jacob e tra il loro figlio Alexandru e la fidanzata/moglie Marie. E c'è poi (ma prima in ordine di "peso" nell'intreccio) la narrazione del rapporto tra Helen e Marie, due donne forti e diversissime unite dall'amore per lo stesso uomo. Rapporto difficilissimo che sembrerebbe dover sfociare in una drastica rottura o al massimo in un freddo e formale armistizio in nome di una superficiale pace familiare, e invece va oltre fino ad arrivare a piccoli passi (che si fanno più grandi con l'arrivo della nipotina Camille) a un vero avvicinamento che ha le sfumature dell'affetto e della comprensione... e, perchè no? del lieto fine.

lunedì 28 giugno 2010

La caccia al tesoro

More about La caccia al tesoro

L'ho scritto più volte in questo blog: Montalbano non si recensisce, si legge e si ama. Punto. Un punto che sembrerebbe non lasciare spazio ad alcun "ma". Ma questa volta il "ma" c'è. Questa volta, devo ammetterlo a malincuore, se l'amore per il commissario è rimasto immutato, quello per il libro che lo vede protagonista no. Il commissario è sempre lui, solo ancora un pochino più vecchio e ancora un pochino più intimorito, e questo, se possibile, ce lo rende ancora più caro. E sono sempre loro anche Catarella, Augello, Fazio etc. E questo, dal mio punto di vista, anche in totale assenza di una trama sarebbe già abbastanza per meritarsi una manciata di stellette. Il problema è che la trama c'è e non è davvero di quelle cui il maestro ci ha abituati. E' chiaro che le indagini non possono essere sempre le stesse e se "pretendiamo" (e sono io la prima a pretenderlo) dall'autore una serialità quasi da periodico (tipo un montalbano trimestrale in edicola) è chiaro che non dobbiamo fare troppo gli schizzinosi se poi lui si spinge un po' "oltre" nella ricerca di nuove trame. Ma questa volta ha davvero esagerato con la virata verso il pulp noir all'americana. Lo confesso: il pensiero che non fosse tutta opera sua ma di un ghostwriter mi ha sfiorato più di una volta. Ovviamente spero che il maestro non legga le recensioni su anobii (per quanto riguarda questo blog mi sento di poterlo escludere più a cuor leggero), altrimenti temo che potrei finire fatta a pezzetti in un sacchetto di plastica nel suo nuovo romanzo.

giovedì 13 maggio 2010

L'uso sapiente delle buone maniere


La prima cosa che mi viene in mente che il signor MacCall Smith deve avere un alter ego femminile che se non è Barbara Pym è comunque sua parente stretta. Stessa caratterizzazione di personaggi e ambienti stessa pacatezza che attraversa tutte le pagine: al culmine di un acceso scambio di opinioni al più sgarbato dei partecipanti alla discussione potrebbe al massimo scappare un "accippicchia!" Garbo e buone maniere d'altri tempi sono dunque le parole chiave per questo romanzo che (come quelli di Barbara Pym) si colloca perfettamente nello spazio, in questo caso Edimburgo, ma rimane un po' fuori dal tempo. Gli stessi protagonisti sembrano sfuggire da una precisa caratterizzazione temporale visto che di Isabel Dalhousie sappiamo che non è più giovanissima e che è un bel po' più vecchia del suo fidanzato Jamie, ex di sua nipote, dal quale ha avuto da poco un bambino. Ma di nessuno dei personaggi conosciamo l'età precisa (o è sfuggita solo a me?). A vedere la cosa da un punto di vista strettamente pemberlyano poi, il personaggio maschile rimane un po' troppo offuscato da questa donna matura-ricca-intelligente-affascinante(?)-indipendente al punto che quando le fanno lo sgarbo di destituirla dall'incarico di direttrice della Rivista di Etica Applicata decide di comprarsi la testata. Ok, piacciono anche a noi le donne indipendenti, ma se è un affascinante cavaliere dalla bianca armatura che al posto di una spada brandisce l'ombrello (presente Richard Gere in Pretty Woman?) che decide di comprare il giornale perchè non sopporta che tu sia stata vittima di un torto, è molto più romantico! E a dirla tutta anche come detective non è che la cara Isabelle faccia proprio scintille. Ha un certo intuito, questo è innegabile, ma siamo abituati a ben altro! E tuttavia ci piace lo stesso. E' così politically correct, guida un'auto ecologica quando non può andare a piedi, e si (ci) pone un sacco di problemi di etica. "Piccoli" dilemmi morali però, non quei grandi temi che fanno un po' paura e ai quali non si ha voglia di pensare quando si legge un libro per rilassarsi un po', quando si vuole che la notte sia buona. E se si vuole che la notte (o la giornata, perchè no?) sia buona, cosa c'è di meglio di un po' di leggerezza, tanto garbo e un uso sapiente delle buone maniere?
P.S. Grazie al signore incontrato questa mattina alla rinascente che con le sue buone maniere ha fatto in modo che per me questa iniziasse proprio come una buona giornata.

domenica 4 aprile 2010

Love the one you're with

Amore e ritorno. Disgustoso. Se non avessi avuto ben presente l'autrice non avri mai preso in considerazione un libro con un titolo simile. Tanto più se stampato su una copertina rosa shocking sulla quale è bene evidente il bollino "Consigliato da Grazia" (Ah bè allora....). Ma Emily Giffin è l'autrice del delizioso "Piccole confusioni di letto", che è stato il primo libro ad essere recensito in questo blog e forse quello che mi ha datto l'idea di aprirlo. E' una brava davvero. Ti descrive New York in modo che ti sembra di esserci stata veramente, ti spiega perchè Tribeca si chiama così e perchè Coney Island era l'Impero del Nichelino. E poi ama Springsteen e trova il modo di ricordarlo in ogni libro. E infine dubito che sappia com'è stato tradotto in italiano il titolo del suo libro. Ma a parte il fatto che mi rifiuto di scrivere nel titolo del post il titolo del libro in italiano e che mi rifiuto anche di caricare l'immagine della copertina, questo è un post veramente importante, perchè dopo una serie di topics più o meno off, abbiamo finalmente una recensione pemberlyana a tutti gli effetti. C'è una storia d'amore, c'è un lieto fine, c'è uno stile scorrevole e leggero, ci sono dei protagonisti maschili belli-sexi-intelligenti-ironici-disuccesso. Il problema sta nel plurale e nella scelta alla quale quel plurale obbliga. L'incontro casuale con Leo, l'ex che non vedeva da otto anni, suscita in Ellen emozioni così forti da farle considerare l'eventualità di aver sbagliato tutto e da farle mettere in discussione tutta la sua vita fino ad allora praticamente perfetta. Andy o Leo? il tranquillo, ma solido marito o il passionale ex poco incline all'impegno? Su chi cadrà la scelta ovviamente non lo rivelerò, anche se l'imperativo del titolo in inglese forse lo lascia intuire. Vi dico solo che il finale è assolutamente emozionante e New York offre l'ambientazione perfetta. Ma non è l'unico momento commovente (e parlo proprio di lacrime!), perchè la Giffin è bravissima a toccare corde profonde dell'anima, pur col suo stile leggero ed ironico, quando parla di concetti come famiglia e appartenenza. Talmente brava che, sebbene in qualche punto il ritmo rallenti un po' troppo e venga da pensare che 400 pagine siano forse un po' eccessive, alla fine si è felici di essere arrivate fino in fondo senza saltare nemmeno una pagina. Insomma se è chick lit è sicuramente chick lit di qualità. Alta qualità.
P.S. Ovviamente la prima cosa che ho fatto prima di iniziare il libro è stato rimuovere il bollino "Consigliato da Grazia"

mercoledì 10 marzo 2010

Le perfezioni provvisorie


Lo confesso: ho un debole per Gianrico Carofiglio. Un forte debole, se mi passate l'ossimoro. Detto in questo modo dovrebbe essere abbastanza chiaro che mi riferisco all'autore, o meglio all'uomo e non ai libri, ma nelle confessioni è meglio essere chiari. D'altra parte, trattandosi di un notevole esemplare d'uomo, credo di essere in buona compagnia: dovrei mettermi in fila insomma. E anche se dubito di riuscire a "fare fuori" anche solo una delle numerose concorrenti, sarebbe carino un derby tutto sardo fra me e Geppi Cucciari, che durante l'intervista da Very Victoria si è onorevolmente e stoicamente trattenuta dal saltargli addosso. Voglio però tranquillizzare subito Geppi e le altre (nonchè mio marito), che non hanno da temere la mia concorrenza più di quanto debba temerla Elizabeth Bennet. L'amore che nutro per il signor Carofiglio si situa infatti in un'altra dimensione. Nella stessa in cui s'incontrano Mr. Darcy e il commissario Montalbano, per intenderci e nella quale la figura dell'autore Carofiglio si con-fonde con quella del protagonista Guido Guerrieri e ti fa desiderare di uscire a cena con Guido che ha la faccia e la voce di Gianrico. E questa volta non si mangia in silenzio come con il commissario. Perchè Guido (Gianrico?) parla di libri (e non solo) in un modo che ti fa venire un'irresistibile voglia di essere suo unico interlocutore, almeno lo spazio di una cena. In questa dimensione ti può capitare anche di identificarti con un'ex prostituta anche se il tuo passato è limpido e irreprensibile e desiderare un happy ending per lei (te?) e l'avvocato. E dai, signor Carofiglio, le ho fatto un sacco di complimenti: ce lo vuole regalare questo lieto fine? Dimenticavo: Le perfezioni provvisorie" è proprio un bel legal thriller all'italiana, ma questo, per noi, è davvero solo un dettaglio.