Ci sono dei momenti in cui anche le lettrici compulsive vanno un po' più a rilento per motivi vari. E potete stare sicuri che proprio in quei momenti in cui il tempo che potete dedicare alla lettura (pochissimo) è inversamente proporzionale alla vostra stanchezza (enorme) il mercato editoriale sarà florido come non mai e i vostri amici e colleghi faranno a gara per suggerirvi delle letture imperdibili. Così voi siete costrette a stabilire delle priorità e rimandare qualcosa a tempi migliori. E capita che ad essere sacrificate siano anche le letture più adatte a questo blog, ma siccome non lo voglio abbandonare sono "costretta" a recensire ogni libro che leggo e non a selezionare come in altri periodi. Ma a parte questa precisazione, La figlia perfetta di Anne Tyler l'avrei forse recensito comunque. Perchè è un bel libro, perchè Anne Tyler scrive bene perchè dopo aver letto diversi suoi libri mi sembra di essere stata a Baltimora e siccome quasi sicuramente a Baltimora non ci andrò mai, questa è sicuramente una gran cosa. Ho iniziato a leggere i libri di Anne Tyler perchè Nick Hornby suggeriva di farlo (Turista per caso è in cima alle sue classifiche personali) e non è stato amore alla follia. Non sono libri da isola deserta, per me. Però ogni volta che ne ho avuto uno sotto mano ho avuto voglia di leggerlo, e così è stato anche con quest'ultimo.
La figlia perfetta racconta la storia di due famiglie, una americana e una iraniana che vivono a Baltimora e si incontrano in aereoporto il giorno dell'arrivo delle rispettive figlie adottive dalla Corea. E' l'inizio di una lunga amicizia nata col pretesto di fa rincontrare le bambine per favorirne l'integrazione e sviluppatasi oltre i bisogni veri e presunti di Susan e Jin-Ho perchè di "integrarsi" non hanno bisogno soltanto loro e tutti in generale hanno bisogno di sentirsi "a casa". I personaggi sono descritti con sguardo attento a tutte le sfumature di comportamento che stringe spesso sulle occasioni di confronto e sulle differenze culturali tra i componenti delle due famiglie. Poi si allarga nuovamente e mostrarci delle persone che dovunque vivano affrontano dei problemi, che vanno dal difficile distacco dal ciuccio alla malattia e all'elaborazione della perdita, hanno paura, ma a volte riescono a vincerla, e hanno bisogno di riti e di legami. Dovunque, perchè in questo tutto il mondo è paese. E trasmettere quest'idea di appartenenza a un'unico grande paese è da grandi scrittori.
1 commento:
imparato molto
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