Non è l'ennesimo blog su Jane Austen... almeno non solo. E' uno spazio in cui si parla di libri, sopratutto di libri d'amore. Regency romance, ma anche chick lit e mummy lit per usare le più recenti definizioni sul genere. Caratteristiche fondamentali: happy end e sottile ironia. Capito il genere? Piace anche a voi? E allora, forza, alzi la mano chi di voi non ha, almeno per una volta sognato Pemberley. (Vai al primo post...)

sabato 9 ottobre 2010

La libreria del buon romanzo

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Avrei dovuto tenere bene a mente gli insegnamenti di Pennac e ricordarmi che uno degli inviolabili diritti del lettore è quello di non finire il libro. E invece sono andata avanti per circa 400 lunghissime pagine e ora sono qui a chiedermi perché. Perché ho perso tempo con un libro che chiaramente non poteva piacermi. Nel titolo poteva attirarmi il fatto che si parlasse di una libreria, ma quel "buon romanzo" era decisamente troppo snob per una che può "vantare" nel suo curriculum da lettrice insieme alla Divina Commedia e Guerra e Pace anche qualche centinaio di romanzetti Harmony (dei quali non mi vergogno affatto) e due libri di Moccia (dei quali invece mi vergogno profondamente). Ma ho perdonato altre volte la spocchiosità e snob a volte lo sono anche io, per cui mi sarebbe comunque andato bene un libro ambientato nel mondo delle librerie, se la trama non fosse stata così assurda (o quantomeno assurdamente lunga). Ok, l'idea di mettere su una libreria dove si vendano solo buoni romanzi e va bene anche il fatto che questo possa suscitare la reazione di altri librai e degli autori "esclusi", passi anche l'idea del comitato segreto di autori/selezionatori. Ma poi con la segretezza delle procedure l'autrice forza un po' troppo la mano, scivolando quasi verso la spy story, salvo poi fare marcia indietro e semplificare un po' troppo la soluzione finale. Ma c'è la storia d'amore, si potrebbe dire. Ed è pure a lieto fine! Ma questa volta non mi basta a salvare il libro. Anzi, e questo davvero non avrei mai creduto di poterlo dire, specie in questo blog, sembra quasi una forzatura anche quella. Quasi che l'autrice abbia fatto innamorare Ivan della ragazza solo per avere una voce narrante. Sa un po' troppo di artificio letterario insomma. E a questo si aggiunge il fatto che il libraio in quanto a punteggio nella scala di valutazione darcyana sta veramente in basso... Anzi, ora che ci penso mi fa proprio pensare a un libraio di mia conoscenza. E questo pensiero sarà la mia personale vendetta per 400 pagine di tempo sprecato.

giovedì 7 ottobre 2010

Ai miei non piaci molto, lo sai

Lo confesso: ho letto questo libro già da qualche mese, ma non avevo ancora trovato il tempo o piuttosto l'ispirazione per recensirlo. Però mi dispiace un pochino lasciarlo passare così, anche perché pur di scrivere qualcosa ho dato spesso spazio nel blog anche a libri decisamente poco pemberlyani e questo invece tutto sommato un posticino lo merita. In verità la storia, un’epopea familiare fatta di lotte, spostamenti e sacrifici è tutt'altro che leggera, anche se l'autrice è bravissima a raccontare vicende anche molto forti senza eccedere mai col pathos. Ma c'è l'inseguimento tenace di un sogno che poi si concretizza: emigrare dalla Romania di Ceausescu verso gli Stati Uniti, per far crescere il proprio figlio in un paese libero. Ci sono le storie d'amore tra la protagonista Helen e il marito Jacob e tra il loro figlio Alexandru e la fidanzata/moglie Marie. E c'è poi (ma prima in ordine di "peso" nell'intreccio) la narrazione del rapporto tra Helen e Marie, due donne forti e diversissime unite dall'amore per lo stesso uomo. Rapporto difficilissimo che sembrerebbe dover sfociare in una drastica rottura o al massimo in un freddo e formale armistizio in nome di una superficiale pace familiare, e invece va oltre fino ad arrivare a piccoli passi (che si fanno più grandi con l'arrivo della nipotina Camille) a un vero avvicinamento che ha le sfumature dell'affetto e della comprensione... e, perchè no? del lieto fine.