Ok, va bene, per un'amante dei libri e della lettura quale affermo di essere, le recensioni si fanno attendere un po' troppo. Ma davvero, nonostante il punto di osservazione assolutamente privilegiato, ultimamente fatico assai a trovare dei libri veramente pemberlyani. D'altra parte, pur avendolo assolutamente apprezzato, non riuscirei proprio a scrivere nel blog la recensione di un libro come Accabadora di Michela Murgia, per citare l'ultimo che ho letto. Forse Un giorno da cani, il giallo della Gimenez-Bartlett che sto leggendo in questo momento si presterà di più, ma bisognerà attendere la fine. A pensarci bene potrei prendere in considerazione l'idea di chiudere il blog e di aprirne uno sui libri per bambini ... di quelli in quanto bibliotecaria e in quanto mamma ne leggo davvero tanti... Fossi matta! Questo è il mio luogo di evasione e continuerà ad esserlo, a costo di postare solo tre recensioni l'anno. Intanto non si vive di sole recensioni ma anche di piccole grandi soddisfazioni (wow, pure la rima baciata!) come quella che ti da un commento dell'autrice in persona alla recensione di Baffi di Cacao. O una "lettrice forte" della nostra biblioteca che mi dice di aver trovato molto carino il mio blog, ma che più che che dei libri che consiglio le è venuta voglia di leggere un libro scritto da me. Chissà, magari un giorno o l'altro potrei pensare di accontentarla...
Non è l'ennesimo blog su Jane Austen... almeno non solo. E' uno spazio in cui si parla di libri, sopratutto di libri d'amore. Regency romance, ma anche chick lit e mummy lit per usare le più recenti definizioni sul genere. Caratteristiche fondamentali: happy end e sottile ironia. Capito il genere? Piace anche a voi? E allora, forza, alzi la mano chi di voi non ha, almeno per una volta sognato Pemberley. (Vai al primo post...)
martedì 2 febbraio 2010
mercoledì 30 dicembre 2009
Buon Anno!
So di ripetermi, ma ormai dalla prima volta che ho scritto gli auguri di buon anno su questo blog (31 dicembre 2007), non riesco a formularli in modo diverso. Per cui ancora una volta auguro
Buon anno all'insegna dei sogni realizzati a tutti quanti.
Buon anno all'insegna dei sogni realizzati a tutti quanti.
A chi ha già il suo lieto fine, a chi ancora lo sta aspettando, a chi ne vive tanti quotidianamente, ma non sempre se ne accorge. Perchè in fondo un lieto fine è un fermo immagine. Dipende solo dal momento in cui decidi di fermare la storia.
domenica 13 dicembre 2009
Baffi di cacao

Il titolo è assolutamente Pemberlyano, ma le vicende dei protagonisti del romanzo di Lina Dettori sono troppo dolorose perchè questo possa a pieno titolo essere recensito nel blog. Se ho deciso di dedicargli comunque un post è per un motivo semplice ma molto importante: questo libro mi ha riconciliato con la letteratura sarda. E l'assoluta disaffezione agli autori sardi (con qualche rara eccezione) ad una sarda dal cuore prenuragico come la sottoscritta ha sempre creato seri problemi di coscienza. Maggiori di quelli che mi crea il fatto di preferire a culurgiones, porchetto e dolci di mandorle, fajitas de legumbres, tortillas e crema catalana (cosa che mi costringe a periodici riti purificatori e riconciliatori a base di fregola con arselle e sebadas).
E la riconciliazione è stata così profonda che se solo le vicende narrate fossero state un po' meno dolorose avrei potuto iniziare questo post con le parole "Ecco il libro che avrei voluto scrivere io". Una storia che è si radicata nell'ambiente nella quale si dipana, ma nella quale la caratterizzazione di ambienti e personaggi non è mai eccessiva e le concessioni al facile folklore sono del tutto assenti, cosa che non può dirsi di altri autori sardi contemporanei. C'è poi lo stile. Ridondante e ricercato, ma mai eccessivo, ora ironico e leggero, ora più intenso e commovente, soprattutto quando l'autrice apre la narrazione a "sviluppi impensati con veri e propri colpi d’ala sospesi tra il surreale e il fantastico, capaci in qualche caso di sfiorare il lirismo". E infine, sebbene il libro possa certo essere definito un off topic in un blog sull'happy ending, ti strappa più di una lacrima ma non ti lascia l'architrave di un nuraghe sul cuore. E per ora questo può bastare. Certo, se la signora Dettori volesse magari il prossimo libro...
E la riconciliazione è stata così profonda che se solo le vicende narrate fossero state un po' meno dolorose avrei potuto iniziare questo post con le parole "Ecco il libro che avrei voluto scrivere io". Una storia che è si radicata nell'ambiente nella quale si dipana, ma nella quale la caratterizzazione di ambienti e personaggi non è mai eccessiva e le concessioni al facile folklore sono del tutto assenti, cosa che non può dirsi di altri autori sardi contemporanei. C'è poi lo stile. Ridondante e ricercato, ma mai eccessivo, ora ironico e leggero, ora più intenso e commovente, soprattutto quando l'autrice apre la narrazione a "sviluppi impensati con veri e propri colpi d’ala sospesi tra il surreale e il fantastico, capaci in qualche caso di sfiorare il lirismo". E infine, sebbene il libro possa certo essere definito un off topic in un blog sull'happy ending, ti strappa più di una lacrima ma non ti lascia l'architrave di un nuraghe sul cuore. E per ora questo può bastare. Certo, se la signora Dettori volesse magari il prossimo libro...
sabato 19 settembre 2009
La soavissima discordia dell'amore

Chiariamo subito una cosa: a me leggere un libro di Stefania Bertola procura un senso di benessere fisico, oltrechè psicologico, benessere capace di durare ben oltre la fine del libro. E questo vale anche per La soavissima discordia dell'amore... e il fatto che come trama mi sia piaciuto forse un pochino meno degli altri e che avrei preferito forse un finale diverso per almeno tre su quattro delle protagoniste, ha veramente un'importanza relativa. Quello che mi è mancato nell'intreccio l'ho infatti recuperato con gli interessi nella descrizione di situazioni e personaggi, per non parlare del fatto che, se fosse scritto col linguaggio e lo stile della Bertola, leggerei con piacere anche l'opuscolo pubblicitario di una finanziaria o qualsiasi altra cosa illeggibile vi possa venire in mente.
Se è vero che "Bisogna avere il caos dentro di se per generare una stella danzante" (F. Nietzsche), allora le protagoniste della Bertola potrebbero generare galassie intere di stelle danzanti, anche se dubito che il caos che hanno dentro possa essere inteso in senso nietzscheianio (ma piuttosto Pemberlyano!). Sono a volte troppo complicate a volte troppo poco, così poco da essere del tutto prive di subconscio e avere solo dei rudimenti di sistema nervoso, così lineari e poco complicate da essere assolutamente e snervantemente impermeabili al contraddittorio e diventare quindi "ad alto mantenimento" (ricordate Sally in Harry ti presento Sally?) esattamente come le amiche più complicate. Vivono spesso situazioni al limite del surreale, eppure ci sembra di poter dare loro appuntamento per un te, perché in fondo abbiamo la precisa sensazione che in quel gruppo ci staremo benissimo anche noi. Più complicato sarebbe forse trovare una collocazione insieme a tre delle protagoniste nel Tesk (Teatro Elettrico sul Pianeta Crypton), la compagnia di attori dilettanti che si prepara a mettere in scena uno spettacolo di avanguardia spinta “Shakespeare in cucina”, sotto la guida di un irascibile regista calabrese. Ma sarebbe comunque oltremodo divertente assistere alle prove, insieme alla terza protagonista e altri bizzarri personaggi, quali uno psicopata mezzo calmucco, un marchettaro pentito (che finirà col recitare nello spettacolo), una fidanzata ex agente dei nas con aspirazioni aristocratiche ma senso estetico tendente al grottesco. Intorno al Tesk fioriranno, ça va sans dire, nuovi amori rigorosamente a lieto fine, ma davvero questa volta c'è molto di più. Per esempio una grande quantità di citazioni shakespeariane disseminate per tutto il libro, alla faccia di chi pensa ancora che un romanzo leggero non possa essere “un buon libro”. Ma io vi assicuro e “non traggo il mio giudizio dalle stelle” (Shakespeare è così, ti prende la mano...), che questo lo è.
martedì 8 settembre 2009
Caffè Babilonia

Il titolo originale, Pomegranade Soup, Zuppa di Melagrana, il frutto della speranza per i persiani, è denso di significati che nella "traduzione" vanno persi, ma delle discutibili scelte editoriali di certi editori italiani e della loro tendenza all'appiattimento dei titoli credo di aver parlato altrove. Io però quel titolo l'avrei mantenuto per diversi motivi. Perchè sa di buono come molte delle ricette e delle persone descritte nel libro. Perchè è un libro che ti fa credere che ci sia la possibilità di un nuovo inizio anche per chi ha vissuto delle esperienze terribili. Perchè da una di quelle esperienze terribili le protagoniste riescono a salvarsi proprio grazie alla zuppa di melagrana, non più solo simbolo di speranza ma arma per conquistarla: è infatti rovesciando la zuppa addosso al cognato Hossein che Marjan riesce a salvare la sorella Bahar dalla ferocia del marito. Ed è infine la zuppa di melagrana che bolle sui fornelli quando Thomas McGuire, deciso ad impedire alle sorelle Aminpour di conquistare la loro meritata serenità, entra nel Caffè Babilonia armato di cattive intenzioni, che per fortuna gli si rivolteranno contro assicurando alle protagoniste il loro meritato lieto fine. Le protagoniste sono tre sorelle persiane che si trasferiscono in un paesino dell'Irlanda occidentale dove aprono un caffè etnico, il Caffè Babilonia, e si trovano ad affrontare quei conflitti razziali e culturali che purtroppo oggi conosciamo bene e che nel libro vengono trattati con humor e delicatezza.
E a conferma del fatto che si tratta di un libro veramente pemberlyano e non di un ennesimo off topic, c'è la tenerissima storia d'amore tra la minore delle sorelle Amimpour e il figlio del boss del villaggio, che, nonostante la giovanissima età, totalizza un punteggio molto alto nella scala darcyana di valutazione.
Sullo sfondo l'atmosfera di un piccolo villaggio irlandese contaminata dai sapori e dai colori della Persia che le tre sorelle protagoniste portano con loro. E sullo sfondo più lontano si intravvede la drammatica situazione dell'Iran all'epoca del regime khomeinista: sono immagini rapide, ma assolutamente efficaci e crude che risaltano ancora di più per essere incastonate in una storia che per il resto ha toni teneri e lievi. Come la speranza.
E a conferma del fatto che si tratta di un libro veramente pemberlyano e non di un ennesimo off topic, c'è la tenerissima storia d'amore tra la minore delle sorelle Amimpour e il figlio del boss del villaggio, che, nonostante la giovanissima età, totalizza un punteggio molto alto nella scala darcyana di valutazione.
Sullo sfondo l'atmosfera di un piccolo villaggio irlandese contaminata dai sapori e dai colori della Persia che le tre sorelle protagoniste portano con loro. E sullo sfondo più lontano si intravvede la drammatica situazione dell'Iran all'epoca del regime khomeinista: sono immagini rapide, ma assolutamente efficaci e crude che risaltano ancora di più per essere incastonate in una storia che per il resto ha toni teneri e lievi. Come la speranza.
giovedì 20 agosto 2009
Prossimamente (speriamo presto?) ...
No potevo crederci: IO lo stavo catalogando, ma un'altra persona lo avrebbe avuto in prestito (e quindi letto) prima di me. C'era già una prenotazione che non potevo assolutamente scavalcare. Di aspettare un mese non se ne parlava nemmeno, per cui il pomeriggio stesso sono volata da Feltrinelli, ma le tre copie del libro che il computer dava disponibili sono risultate introvabili. In un'altra libreria lo avevano terminato e sarebbe arrivato nuovamente a settembre. Per cui ancora il tanto atteso nuovo libro di Stefania Bertola, La soavissima discordia dell'amore non è tra le mie mani. E io vivo quello stato di soavissima discordia dell'anima, che da un lato anela ad averlo subito, dall'altro vorrebbe ritardare il momento, perchè averlo significa leggerlo e quindi finirlo e quindi averlo già letto e invidiare chi ancora deve leggerlo e deve vivere ancora quei momenti di "leggerezza cosmica" che i libri di Stefania Bertola ti sanno regalare. Spero comunque di non dover aspettare troppo. A presto per la recensione dunque.
P.S.
Gli ultimi due libri letti, a parte Montalbano sono stati Lezioni di volo per sonnambuli di Sion Scott-Wilson e Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer: interessanti (almeno il secondo), ma decisamente off topic. Nessuna recensione dunque.
P.S.
Gli ultimi due libri letti, a parte Montalbano sono stati Lezioni di volo per sonnambuli di Sion Scott-Wilson e Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer: interessanti (almeno il secondo), ma decisamente off topic. Nessuna recensione dunque.
martedì 4 agosto 2009
La danza del Gabbiano

Mi duole ammetterlo, ma quando l'ultimo Montalbano è arrivato in libreria non ero, come tutte le altre volte dopo i primi due romanzi della serie, accampata fuori dalla porta ad aspettarlo (ovviamente si fa per dire... ma vi assicuro che non mi sto discostando troppo dalla realtà). Questa volta però ho saputo dell'uscita di La danza del gabbiano solo dopo che alcuni amici l'avevano letto, e solo dopo che le colleghe della biblioteca lo avevano già inserito nell'elenco degli acquisti. Come ciò sia potuto succedere rimane davvero un mistero, perchè anche se non riesco a leggere molto, cerco comunque di essere informata su quanto viene scritto, ma tant'è... questo libro mi si era proprio ammucciato, per dirla con le parole del commissario.
Ovviamente, dal momento in cui ho avuto la notizia, ho fatto di tutto per recuperare il tempo perso, accattandomi il libro (anzi no, non ce n'è stato bisogno di comprarlo perché la mattina stessa è arrivato in biblioteca!) e leggendolo quasi d'un fiato, nonostante la grande stanchezza e il pochissimo tempo a disposizione.
A questo punto dovrebbe seguire la recensione, ma come ben sanno i pochi affezionati lettori del mio blog, Montalbano non si recensisce, si legge e si ama, punto.
Nessuna recensione dunque, ma solo qualche nota al volo. La prima riguarda la discussione fra Montalbano e Augello (il procreatore pentito) sull'omosessualità... credo possa valere più di molti manifesti contro l'omofobia. E che dire del Montalbano televisivo che fa capolino tra le pagine del libro? Geniale. E Livia? Il commissario si dimentica di lei ancora una volta... e almeno questa volta ha una buona scusa... il fatto è che ce la dimentichiamo quasi pure noi! E magari questa volta saremmo riusciti a liberarci definitivamente di lei, se non fosse stato per l'intempestivo intervento di Catarella. Che ne dice, maestro, vogliamo darla una sistematina alla vita sentimentale del commissario? Si potrebbe per esempio far ricomparire Anna (La voce del violino, Tocco d'artista) che, mi pare di ricordare, a Salvo gli faceva sangue assai. Si potrebbe mandare Livia a fare il giro del mondo in barca col cugino e farla innamorare follemente di un albergatore panamense ... Scherzo, ovviamente, ma solo un pochino.
Ovviamente, dal momento in cui ho avuto la notizia, ho fatto di tutto per recuperare il tempo perso, accattandomi il libro (anzi no, non ce n'è stato bisogno di comprarlo perché la mattina stessa è arrivato in biblioteca!) e leggendolo quasi d'un fiato, nonostante la grande stanchezza e il pochissimo tempo a disposizione.
A questo punto dovrebbe seguire la recensione, ma come ben sanno i pochi affezionati lettori del mio blog, Montalbano non si recensisce, si legge e si ama, punto.
Nessuna recensione dunque, ma solo qualche nota al volo. La prima riguarda la discussione fra Montalbano e Augello (il procreatore pentito) sull'omosessualità... credo possa valere più di molti manifesti contro l'omofobia. E che dire del Montalbano televisivo che fa capolino tra le pagine del libro? Geniale. E Livia? Il commissario si dimentica di lei ancora una volta... e almeno questa volta ha una buona scusa... il fatto è che ce la dimentichiamo quasi pure noi! E magari questa volta saremmo riusciti a liberarci definitivamente di lei, se non fosse stato per l'intempestivo intervento di Catarella. Che ne dice, maestro, vogliamo darla una sistematina alla vita sentimentale del commissario? Si potrebbe per esempio far ricomparire Anna (La voce del violino, Tocco d'artista) che, mi pare di ricordare, a Salvo gli faceva sangue assai. Si potrebbe mandare Livia a fare il giro del mondo in barca col cugino e farla innamorare follemente di un albergatore panamense ... Scherzo, ovviamente, ma solo un pochino.
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