Non è l'ennesimo blog su Jane Austen... almeno non solo. E' uno spazio in cui si parla di libri, sopratutto di libri d'amore. Regency romance, ma anche chick lit e mummy lit per usare le più recenti definizioni sul genere. Caratteristiche fondamentali: happy end e sottile ironia. Capito il genere? Piace anche a voi? E allora, forza, alzi la mano chi di voi non ha, almeno per una volta sognato Pemberley. (Vai al primo post...)

martedì 23 febbraio 2010

Un giorno da cani (... Ma solo per Petra Indelicado)

Per me non è stato fortunatamente un giorno da cani, ma anzi una piacevolissima giornata in giro per librerie a cercare un libro che avrei tanto voluto regalare al mio amico Ernesto che è diventato papà. Giro infruttuoso purtroppo, ma anche istruttivo da un certo punto di vista. Mi viene in mente la sera di ferragosto di diversi anni fa, quando in un ristorante non del tutto privo di pretese un amico dopo cena chiese dei profiteroles e si sentì rispondere dal cameriere "profitechèèè"??? Devo aver avuto la stessa faccia quando delle libraie e dei librai non del tutto privi di pretese mi hanno fatto fare lo spelling di "Topipittori", una fra le più interessanti e innovative case editrici specializzate in libri per bambini del panorama nazionale. Ma tant'è.
Torniamo comunque a "Un giorno da cani" confesso: qualche speranza che il libro della Gimenez Bartlett potesse essere un libro Pemberlyano l'ho nutrita. Invece devo confessare che tra me e l'autrice la scintilla proprio non è scoccata. Un po' perchè tutti quei cani mi hanno veramente preso all'anima... e poi... diciamo che, se non proprio antipatica, ho trovato la detective un filino iritante. A prescindere infatti dalle esperienze disastrose che tu possa aver avuto in passato, quando la buona sorte ti mette sulla strada un uomo come Juan Monturiol hai il "dovere morale" (almeno nei confronti delle lettrici di sesso femminile!) di metterti in gioco un pochino di più. Perchè voglio conoscere una e dico una lettrice che possa affermare in tutta onestà di non essere rimasta delusa dal comportamento di Petra.

Comunque nell'insieme il libro non mi è dispiaciuto... diciamo tre stellette di anobii.
Ma pare d'altra parte che ultimamente trovare un libro che non sia deludente, almeno dal "nostro" punto di vista sia cosa piuttosto ardua. A meno che non sostituiamo nel nostro immaginario l'ideale Darcyano di uomo con quello del vampiro assettato di sangue e ci rassegnamo all'idea degli Zombie che invadono Pemberley. No, grazie, per me era buona la prima: per il resto si può aspettare. D'altra parte in compagnia dell'ultimo Carofiglio l'attesa potrebbe non essere così male.

martedì 2 febbraio 2010

Piccole soddisfazioni

Ok, va bene, per un'amante dei libri e della lettura quale affermo di essere, le recensioni si fanno attendere un po' troppo. Ma davvero, nonostante il punto di osservazione assolutamente privilegiato, ultimamente fatico assai a trovare dei libri veramente pemberlyani. D'altra parte, pur avendolo assolutamente apprezzato, non riuscirei proprio a scrivere nel blog la recensione di un libro come Accabadora di Michela Murgia, per citare l'ultimo che ho letto. Forse Un giorno da cani, il giallo della Gimenez-Bartlett che sto leggendo in questo momento si presterà di più, ma bisognerà attendere la fine. A pensarci bene potrei prendere in considerazione l'idea di chiudere il blog e di aprirne uno sui libri per bambini ... di quelli in quanto bibliotecaria e in quanto mamma ne leggo davvero tanti... Fossi matta! Questo è il mio luogo di evasione e continuerà ad esserlo, a costo di postare solo tre recensioni l'anno. Intanto non si vive di sole recensioni ma anche di piccole grandi soddisfazioni (wow, pure la rima baciata!) come quella che ti da un commento dell'autrice in persona alla recensione di Baffi di Cacao. O una "lettrice forte" della nostra biblioteca che mi dice di aver trovato molto carino il mio blog, ma che più che che dei libri che consiglio le è venuta voglia di leggere un libro scritto da me. Chissà, magari un giorno o l'altro potrei pensare di accontentarla...

mercoledì 30 dicembre 2009

Buon Anno!

So di ripetermi, ma ormai dalla prima volta che ho scritto gli auguri di buon anno su questo blog (31 dicembre 2007), non riesco a formularli in modo diverso. Per cui ancora una volta auguro
Buon anno all'insegna dei sogni realizzati a tutti quanti.
A chi ha già il suo lieto fine, a chi ancora lo sta aspettando, a chi ne vive tanti quotidianamente, ma non sempre se ne accorge. Perchè in fondo un lieto fine è un fermo immagine. Dipende solo dal momento in cui decidi di fermare la storia.

domenica 13 dicembre 2009

Baffi di cacao


Il titolo è assolutamente Pemberlyano, ma le vicende dei protagonisti del romanzo di Lina Dettori sono troppo dolorose perchè questo possa a pieno titolo essere recensito nel blog. Se ho deciso di dedicargli comunque un post è per un motivo semplice ma molto importante: questo libro mi ha riconciliato con la letteratura sarda. E l'assoluta disaffezione agli autori sardi (con qualche rara eccezione) ad una sarda dal cuore prenuragico come la sottoscritta ha sempre creato seri problemi di coscienza. Maggiori di quelli che mi crea il fatto di preferire a culurgiones, porchetto e dolci di mandorle, fajitas de legumbres, tortillas e crema catalana (cosa che mi costringe a periodici riti purificatori e riconciliatori a base di fregola con arselle e sebadas).
E la riconciliazione è stata così profonda che se solo le vicende narrate fossero state un po' meno dolorose avrei potuto iniziare questo post con le parole "Ecco il libro che avrei voluto scrivere io". Una storia che è si radicata nell'ambiente nella quale si dipana, ma nella quale la caratterizzazione di ambienti e personaggi non è mai eccessiva e le concessioni al facile folklore sono del tutto assenti, cosa che non può dirsi di altri autori sardi contemporanei.
C'è poi lo stile. Ridondante e ricercato, ma mai eccessivo, ora ironico e leggero, ora più intenso e commovente, soprattutto quando l'autrice apre la narrazione a "sviluppi impensati con veri e propri colpi d’ala sospesi tra il surreale e il fantastico, capaci in qualche caso di sfiorare il lirismo". E infine, sebbene il libro possa certo essere definito un off topic in un blog sull'happy ending, ti strappa più di una lacrima ma non ti lascia l'architrave di un nuraghe sul cuore. E per ora questo può bastare. Certo, se la signora Dettori volesse magari il prossimo libro...



sabato 19 settembre 2009

La soavissima discordia dell'amore


Chiariamo subito una cosa: a me leggere un libro di Stefania Bertola procura un senso di benessere fisico, oltrechè psicologico, benessere capace di durare ben oltre la fine del libro. E questo vale anche per La soavissima discordia dell'amore... e il fatto che come trama mi sia piaciuto forse un pochino meno degli altri e che avrei preferito forse un finale diverso per almeno tre su quattro delle protagoniste, ha veramente un'importanza relativa. Quello che mi è mancato nell'intreccio l'ho infatti recuperato con gli interessi nella descrizione di situazioni e personaggi, per non parlare del fatto che, se fosse scritto col linguaggio e lo stile della Bertola, leggerei con piacere anche l'opuscolo pubblicitario di una finanziaria o qualsiasi altra cosa illeggibile vi possa venire in mente.
Se è vero che "Bisogna avere il caos dentro di se per generare una stella danzante" (F. Nietzsche), allora le protagoniste della Bertola potrebbero generare galassie intere di stelle danzanti, anche se dubito che il caos che hanno dentro possa essere inteso in senso nietzscheianio (ma piuttosto Pemberlyano!). Sono a volte troppo complicate a volte troppo poco, così poco da essere del tutto prive di subconscio e avere solo dei rudimenti di sistema nervoso, così lineari e poco complicate da essere assolutamente e snervantemente impermeabili al contraddittorio e diventare quindi "ad alto mantenimento" (ricordate Sally in Harry ti presento Sally?) esattamente come le amiche più complicate. Vivono spesso situazioni al limite del surreale, eppure ci sembra di poter dare loro appuntamento per un te, perché in fondo abbiamo la precisa sensazione che in quel gruppo ci staremo benissimo anche noi. Più complicato sarebbe forse trovare una collocazione insieme a tre delle protagoniste nel Tesk (Teatro Elettrico sul Pianeta Crypton), la compagnia di attori dilettanti che si prepara a mettere in scena uno spettacolo di avanguardia spinta “Shakespeare in cucina”, sotto la guida di un irascibile regista calabrese. Ma sarebbe comunque oltremodo divertente assistere alle prove, insieme alla terza protagonista e altri bizzarri personaggi, quali uno psicopata mezzo calmucco, un marchettaro pentito (che finirà col recitare nello spettacolo), una fidanzata ex agente dei nas con aspirazioni aristocratiche ma senso estetico tendente al grottesco. Intorno al Tesk fioriranno, ça va sans dire, nuovi amori rigorosamente a lieto fine, ma davvero questa volta c'è molto di più. Per esempio una grande quantità di citazioni shakespeariane disseminate per tutto il libro, alla faccia di chi pensa ancora che un romanzo leggero non possa essere “un buon libro”. Ma io vi assicuro e “non traggo il mio giudizio dalle stelle” (Shakespeare è così, ti prende la mano...), che questo lo è.

martedì 8 settembre 2009

Caffè Babilonia


Il titolo originale, Pomegranade Soup, Zuppa di Melagrana, il frutto della speranza per i persiani, è denso di significati che nella "traduzione" vanno persi, ma delle discutibili scelte editoriali di certi editori italiani e della loro tendenza all'appiattimento dei titoli credo di aver parlato altrove. Io però quel titolo l'avrei mantenuto per diversi motivi. Perchè sa di buono come molte delle ricette e delle persone descritte nel libro. Perchè è un libro che ti fa credere che ci sia la possibilità di un nuovo inizio anche per chi ha vissuto delle esperienze terribili. Perchè da una di quelle esperienze terribili le protagoniste riescono a salvarsi proprio grazie alla zuppa di melagrana, non più solo simbolo di speranza ma arma per conquistarla: è infatti rovesciando la zuppa addosso al cognato Hossein che Marjan riesce a salvare la sorella Bahar dalla ferocia del marito. Ed è infine la zuppa di melagrana che bolle sui fornelli quando Thomas McGuire, deciso ad impedire alle sorelle Aminpour di conquistare la loro meritata serenità, entra nel Caffè Babilonia armato di cattive intenzioni, che per fortuna gli si rivolteranno contro assicurando alle protagoniste il loro meritato lieto fine. Le protagoniste sono tre sorelle persiane che si trasferiscono in un paesino dell'Irlanda occidentale dove aprono un caffè etnico, il Caffè Babilonia, e si trovano ad affrontare quei conflitti razziali e culturali che purtroppo oggi conosciamo bene e che nel libro vengono trattati con humor e delicatezza.
E a conferma del fatto che si tratta di un libro veramente pemberlyano e non di un ennesimo off topic, c'è la tenerissima storia d'amore tra la minore delle sorelle Amimpour e il figlio del boss del villaggio, che, nonostante la giovanissima età, totalizza un punteggio molto alto nella scala darcyana di valutazione.
Sullo sfondo l'atmosfera di un piccolo villaggio irlandese contaminata dai sapori e dai colori della Persia che le tre sorelle protagoniste portano con loro. E sullo sfondo più lontano si intravvede la drammatica situazione dell'Iran all'epoca del regime khomeinista: sono immagini rapide, ma assolutamente efficaci e crude che risaltano ancora di più per essere incastonate in una storia che per il resto ha toni teneri e lievi. Come la speranza.

giovedì 20 agosto 2009

Prossimamente (speriamo presto?) ...

No potevo crederci: IO lo stavo catalogando, ma un'altra persona lo avrebbe avuto in prestito (e quindi letto) prima di me. C'era già una prenotazione che non potevo assolutamente scavalcare. Di aspettare un mese non se ne parlava nemmeno, per cui il pomeriggio stesso sono volata da Feltrinelli, ma le tre copie del libro che il computer dava disponibili sono risultate introvabili. In un'altra libreria lo avevano terminato e sarebbe arrivato nuovamente a settembre. Per cui ancora il tanto atteso nuovo libro di Stefania Bertola, La soavissima discordia dell'amore non è tra le mie mani. E io vivo quello stato di soavissima discordia dell'anima, che da un lato anela ad averlo subito, dall'altro vorrebbe ritardare il momento, perchè averlo significa leggerlo e quindi finirlo e quindi averlo già letto e invidiare chi ancora deve leggerlo e deve vivere ancora quei momenti di "leggerezza cosmica" che i libri di Stefania Bertola ti sanno regalare. Spero comunque di non dover aspettare troppo. A presto per la recensione dunque.
P.S.
Gli ultimi due libri letti, a parte Montalbano sono stati Lezioni di volo per sonnambuli di Sion Scott-Wilson e Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer: interessanti (almeno il secondo), ma decisamente off topic. Nessuna recensione dunque.